martedì 27 novembre 2012

bookends (?)

Time it was, and what a time it was, it was
A time of innocence, a time of confidences
Long ago, it must be, I have a photograph
Preserve your memories, they're all that's left you


giovedì 22 novembre 2012

Powerless

tento
in tutti i modi
con tutto me stesso
perseverando nelle scelte
che inevitabilmente
sono forzate
forzate dall'evolversi degli eventi
scelte che
vanno in controtendeza
coi nostri bisogni
con le nostre necessità
sto provando a spostarti
dai cassetti dei pensieri
ma riappari
da quelli dell'immaginazione
chiudo anche quelli
ma ritorni
inesorabilmente
negli angoli piu remoti
attraverso le recriminazioni
attraverso i progetti
passati e futuri
sei il mio presente
che più remoto di cosi
non è mai stato
sei il mio dolore
e il mio senso di fallimento
davanti a me
ho solo i tuoi occhi
rosso fuoco
per le lacrime spese
lucidi
come uno specchio
e spenti verso di me
come mai ho visto
come mai avrei voluto vedere
di cento passi avanti
che magari riesco a fare
altrettanti
se non di più
ne faccio indietro
perchè non posso
non riesco
non voglio
perdere te
luce dei giorni miei
passati
e tutt'ora presenti
ma che
in qualche modo
futuri
forse
non lo saranno mai più

Oblivion

forse cosi
si costruisce un nuovo futuro
azzerando se stessi
azzerando i ricordi
quelli brutti per lo meno
togliere quel vuoto
generato dalle insoddisfazioni
dalla tristezza
cercando di trovare la forza
in qualche modo
in qualche dove
in qualche cosa
che ci tenga impegnati
che ci possa dire
sei vivo
la mente viaggia
il cuore batte
ed entrambi procedono a ritmo alternato
a volte concorrono
a volte no
alternando cosi gli stati d'animo
ma tutto questo
può solo generare
grande sconforto
per tutto ciò che c'è
che c'è stato
che ci poteva essere

mercoledì 21 novembre 2012

Sono placide le ore che noi perdiamo
se nel perderle,
come in un vaso,
mettiamo fiori

[J. Saramago]

Occasioni

…vorrei che mettessimo più attenzione in ciò che facciamo. E’ solo una parte, una minima parte, di quello che abbiamo a disposizione. Bisogna tenersi per mano… essere più generosi… ma la generosità non è aiutare gli altri, essere pazienti… è costruire occasioni per le emozioni… vorrei che mi aiutaste tutti a capire questa piccola verità… occasioni per le emozioni.
Scrivevo queste righe in un romanzo, tanti, tanti anni fa. Il principio mi è molto caro, direi forse che è uno dei miei temi centrali. Almeno quando parliamo sinceramente, profondamente, della vita. La nostra.
Quante volte abbiamo ideato, promosso, progettato qualcosa che coinvolga gli altri? Quante volte abbiamo lavorato perché qualcosa, alla fine, facesse riflettere, comprendere, emozionare i nostri amici? Quante volte abbiamo cucinato per loro? Quante volte abbiamo pensato di presentare a qualcuno i nostri migliori amici, spendendoci per far tornare agende e occasioni? Quante volte un viaggio di alcune persone è avvenuto grazie a noi, o un progetto ha preso corpo per sviluppare una nostra buona idea? Quante volte il nostro sangue pompava per la fatica, il ragionamento, l’impegno necessario a costruire queste “occasioni” per noi e per altri?
Quante volte abbiamo dovuto combattere la quotidiana battaglia dei generosi, quella tra dare energia e domare le aspettative?
Sulla vita, l’analisi che facciamo è troppo superficiale, generalmente. Oppure è riservata a pezzi isolati della nostra storia. Di generosità, almeno in questi termini, non parliamo mai. Consideriamo del tutto normale non fare mai una festa in cui coinvolgere le persone che amiamo; o fare i nostri percorsi seguendo l’unico faro dell’opportunità, di ciò che ci interessa, ci fa bene, intersecando il cammino degli altri solo se capita; oppure partecipiamo, andiamo, quando la politica, la religione, l’associazionismo ci invita, o anche, semplicemente, i nostri amici, e ci sentiamo anche appagati, magari. “Oh, io ci sono andato, eh?! Lui mi ha invitato ma io c’ero!” Troppo poco. Una prestazione che considero mediocre, parziale, insufficiente. Non siamo enzimi di niente, così.
Chi pensa e fa, si spende. Consuma energia. E lo fa per sé, sia chiaro: c’è gente che se non progetta muore. Però quest’azione genera opportunità, di cui anche noi godiamo. Pezzi di vita buona, che senza quel tale non ci sarebbe stata. Farà poi lui i conti con le sue motivazioni, e se lo fa onestamente o meno, non ci deve riguardare. Ma noi abbiamo conosciuto persone, grazie a lui, vissuto luoghi e momenti, sentito, imparato, respirato altra aria, masticato buona vita. Quanti hanno fatto lo stesso grazie noi? Una festa riesce per chi la organizza e per chi ci va, ma cosa determina per primo l’altra possibilità: pensarla o partecipare? Analizzando il nostro mondo, magari con l’idea di cambiare il nostro destino, dovremmo passare al vaglio quello che siamo… anche attraverso questo filtro.
Punto molto importante. Questa società mi piace poco anche perché è pervasa dall’opportunismo. I gesti che mi favoriscono, che mi aiutano, che mi fanno godere, finiscono con l’essere, troppo spesso, la ricaduta casuale di un processo che non è nato per me. Una briciola che cade da altri tavoli, un effetto collaterale di azioni che convenivano ad altri, e che solo per caso hanno raggiunto anche me. Quante volte qualcuno ha fatto qualcosa esattamente per me, perché io fossi felice, provassi piacere? E quante volte quelle cose le ho fatte io?
Devo ricordarmi di associare la generosità alle mie liste delle cose da fare e da non dimenticare. Ad esempio quando mi chiedo che vita faccio, che impatto ha su di me, quali scelte devo mettere in atto per migliorarla. Domandarmi questo non basta. Non vorrei finire con l’essere uno che parla e non ascolta, che chiede e non dà, che gode dell’invito ma non invita, che mangia volentieri ma si dimentica di cucinare, che giudica chi fa come un “narcisista” ma poi non giudica se stesso come uno stitico relazionale, quale forse spesso siamo. Non vorrei accorgermi che mi occupo di volontariato e poi non costruisco un’occasione per le emozioni del mio migliore amico.
Se è per farsi dire “bravo”, “grazie”, che facciamo cose che non si dimenticano, che ci arricchiscono, che allontanano per qualche ora il senso della morte, ben vengano allora l’ambizione e il narcisismo. Modi per produrre affetto, forse. E che male c’è? Forse è meglio chi non ne ha bisogno e, infatti, si dimentica di fare qualcosa per gli altri?

[Occasioni - http://www.simoneperotti.com/wp/ ]

martedì 20 novembre 2012


manchi

fatale è l'assenza insieme al desiderio